Giuseppe Vitale – Milanismo

Autore: Giuseppe Vitale

Lo stadio di San Siro durante Milan-Craiova

Non demolite le nostre emozioni

I tempi moderni dettano le condizioni per stare al passo, il calcio è ormai un business che muove il denaro in quantità spaventose, tutto dipende dalla componente economica legata alle società e le federazioni. Gli stadi di proprietà per i club sono la necessità fondamentale, certificano molti  ricavati diretti andando a finire nelle casse della squadra che disputa partite in quella struttura.

La Premier Inglese è il modello da prendere in considerazione, ogni squadra ha il suo impianto sportivo di proprietà, base concreta che crea interessa ad altri investitori esteri, vogliosi di investire in un mondo e mercato ben organizzato già a livello di lega, organizzatrice del più importante campionato britannico. In Italia sono molteplici gli stadi “ arretrati” che hanno bisogno di una rinfrescata, in alcuni casi,  vanno totalmente  ripensati da zero. Molti di questi però rappresentano dei veri e propri tempi sportivi, carichi di storia  del gioco e non solo, dei veri e propri  monumenti caratteristici delle città che hanno cavalcato il ‘900 da protagonisti ed ora pronti ad essere messi da parte.

Il dibattito che in questi giorni tiene banco più di qualunque altro è legato alla demolizione di San Siro. Le due società meneghine sarebbero pronte a costruire un impianto di proprietà dei due club  moderno e all’avanguardia, capace di ospitare 60.000 spettatori e rispettando i requisiti di confort e visibilità per i tifosi. Il progetto potrebbe avere inizio nell’area dei parcheggi dell’attuale stadio Meazza, che in questo caso andrebbe demolito per far spazio al nuovo padrone di Milano.

Ovviamente il tifo e gli appassionati di questo sport si sono subito divisi e dibattuti, una parte approva e sancisce a malincuore  la demolizione di San Siro, dall’altra ci sono quelli che non vogliono assolutamente che lo stadio finisca di esistere. Una decisione difficile e dura da prendere, aspettando ancora l’ok del comune di Milano per far partire le operazioni che porterebbero alla  costruzione del nuovo impianto che verrebbe inaugurato nel 2023.

La ragione sbatte contro l’emozione, perché Milano e la Serie A in generale hanno urgente bisogno di tornare a primeggiare nel calcio, partendo proprio da strutture moderne e adeguate. Allo stesso tempo però buttare giù lo stadio Giuseppe Meazza significherebbe buttare giù un pezzo dei nostri sogni, un pezzo di storia del calcio Italiano.

In cuor nostro speriamo che  “La Scala del Calcio” non venga distrutta, perché chi ama questo sport nel significato vero del termine, vedrebbe infrangere il sogno di poter calcare l’erba di quel terreno leggendario, quel terreno che ha visto abbracciare campioni di ogni tipo, di ogni parte del mondo, campioni e partite fuori dal normale che ci hanno fatto battere il cuore per tanto… tanto tempo. Tutti i tifosi di Milan e Inter vogliono entrare nella modernità e affiancarsi alle big del calcio mondiale, ma esistono sempre delle soluzioni alternative, esiste sempre una via d’uscita. Non distruggiamo l’ideale collettivo che ancora oggi, nonostante tutto resiste , un bambino sogna ancora di poter giocare un giorno in quel campo, non lasciamo che il Dio denaro prenda il sopravvento anche sulle emozioni  e sui nostri sentimenti.

Non vogliamo che vada a finire come la strofa finale della canzone  “ Luci a San Siro” di Roberto Vecchioni, risentita in questi giorni risuona come una minaccia o un bruttissimo presagio. Non demolite il nostro cuore, non demolite il monumento per eccellenza del calcio Italiano, perché ne risentirebbe la nostra passione e la nostra storia. E queste,  per quanto denaro si possa spendere, non si possono comprare.

Krzysztof Piatek "spara" nello spogliatoio di Milanello

C’è un nuovo pistolero in città

I cowboy si danno appuntamento fuori dal saloon per sistemare le proprie faccende da veri uomini, il rumore di discorsi e dei cavalli che attraversano le strade, lasciano spazio ad un silenzio d’attesa, i due si ritroveranno l’uno davanti all’altro. Si daranno le spalle compiendo una lenta camminata che li distanzierà, conteranno fino a 9 per poi premere il grilletto di una pistola che farà fuori il meno rapido dei due.

9 come i passi che compiono i cowboy prima di sparare, 9 è anche l’unico che rimarrà in piedi, l’unico bomber che vestirà la maglia del Milan, avendo l’ingrato compito di sfatare quella maledizione di maglia che non trova pace dopo il grande Pippo Inzaghi.

Nel “ Far West” rossonero non c’è più spazio per Gonzalo Higuain, numero 9 appunto, dimostratosi di non essere più il famigerato fuorilegge che aveva fatto tremare le varie città messe a soqquadro, con un malcontento prolungato e con una decisione, quella di andare al Milan, forse mai realmente desiderata e deglutita.

C’è un nuovo pistolero in città, Con idee ben differenti che cominciare dal numero di maglia , perché in alcuni casi è meglio appesantirsi troppo il destino e non confrontarsi con nessuno. Krzysztof Piatek, classe 1995, è un ragazzo che ha ancora tutto da dimostrare e confermare, ma che ha già cavalcato le praterie della Serie A con dimestichezza degna di un veterano , piazzandosi tra i capocannonieri della competizione, in rossonero sulle spalle avrà la numero 19.

D’altronde dalle parti di Milanello negli ultimi anni, sono passati diversi attaccanti che di volta in volta hanno infilato la maglia del bomber di razza, senza però mai rispettare le attese del goal che si vedeva in maniera discontinua e mai convincente.

Ora il Diavolo si affida ad un giocatore che ha fame e voglia di gonfiare la rete alle spalle del portiere avversario, una caratteristica che lo rende partente del suo nuovo compagno di reparto Patrick Cutrone, accomunandoli il modo di vivere l’area di rigore e il futuro, che gli strizza l’occhio per la loro età. È tempo di fare la scorta di munizioni, il rumore che i tifosi vogliono ascoltare Nella maniera più frequente possibile, è quello di una pistola polacca che vuole sparare, senza davvero fermarsi mai.

Gennaro Gattuso, allenatore del Milan.

La nave deve arrivare al porto

Da premettere che la strana situazione capitata agli uomini di Rino Gattuso, non è una di quelle ferite che si cicatrizzano solo con il tempo che passa e senza starci lì a pensare. La burrasca che attraverserà la squadra nel prossimo periodo avrà indubbiamente delle ripercussioni sulla classifica, che sarà vittima di partite prive di perni fondamentali per i meccanismi del tecnico calabrese, difficilmente rimpiazzabili. Non si vogliono mettere le mani avanti, ma è un campanello d’allarme che risuona  prepotente nelle nostre teste, sintomo della nostra consapevolezza e convinzione dei limiti della rosa al completo, figurarsi in una situazione come questa.

Ma che soluzione può adottare Gattuso?

Si è parlato di un possibile adattamento di Frank Kessiè come centrale di difesa, priva del suo capitano oltre che di Caldara e Musacchio. L’ex centrocampista Atalantino avrebbe già ricoperto quel ruolo in passato e potrebbe rispolverarlo per mettere una pezza sulla situazione difensiva rossonera. 

Altra ipotesi riguarda il difensore Stefan Simic, aggregato alla prima squadra è un centrale difensivo di ruolo, ma i dubbi sono legati alla sua esperienza in palcoscenici mai calcati prima d’ora e potrebbe non essere pronto a fare l’ulteriore passo in avanti così velocemente.

La situazione tattica che invece potrebbe più di tutte ingolosire l’allenatore del Milan è quella di giocare con una difesa a tre mascherata, possibile grazie a due giocatori duttili tatticamente come Rodriguez e Laxalt. Il primo citato, andrebbe a completare i tre di difesa in fase di costruzione della manovra, prendendo le redini di Romagnoli sul centro sinistra che inizierebbe la manovra di gioco  proprio come il capitano. L’uruguagio invece, potrebbe giocare nei 4 di centrocampo come esterno in fase di possesso palla, per poi scalare in difesa e fare il terzino sinistro ,quando saranno gli avversari ad attaccare i rossoneri.

In pratica sulla carta un vero e proprio 3-4-3, per poi trasformarsi nelle varie fasi di gioco in un 4-3-3 già collaudato  in questa forma contro Samp e Genoa a San Siro. Così facendo  si potrebbe addolcire una circostanza catastrofica , che potrebbe comunque non bastare per portare la barca al porto sana e salva.

C’è bisogno di sviluppare velocemente una capacità di sacrificio collettivo, consapevoli che non si potranno vedere per forza delle belle cose, ma si dovrà cacciare un grande cuore per rimediare ad un’altra sventurata annata che può ancora non essere compromessa, arrivando alla terraferma di gennaio che potrebbe far respirare noi tutti , magari con qualche innesto e il recupero di alcuni infortunati.

Gennaro Gattuso in panchina durante Milan-Chievo.

La paura del buio

Immaginate una strada piena di curve e  di essere alla guida di un auto nel bel mezzo della notte, se decidete anche solo per 5 minuti di spegnere i fari, la catastrofe sarà imminente. Gli uomini di Rino Gattuso, fin dalla prima partita della nuova stagione, hanno palesato il difetto di spegnere la luce nel corso della gara praticamente ad ogni incontro. Anche contro il Chievo al Meazza, il Milan ha concesso un goal balordo nonostante la concreta vittoria, segno che però il problema esiste ed è reale, come gli zero clean sheet in campionato. Nelle scorse settimane il tifoso medio rossonero ha attribuito le colpe al tecnico calabrese, colpevole di non leggere la partita in corso d’opera e in alcuni casi, di non essere all’altezza della situazione.

Se siamo assidui osservatori dei match del Milan però, osservando i blackout che accadono puntuali come lancette di un orologio svizzero, notiamo che il vero problema di queste momentanee assenze è di tipo mentale. I rossoneri esprimono per larghi tratti di partita un buon calcio con idee tattiche percepibili molto di più rispetto al passato, nel momento in cui i diavoletti rimangono al buio, subentra un’ involuzione caratteriale, forse un limite o mancanza di personalità che si manifesta sotto forma di errore individuale o di reparto. Come capacitarci di una squadra che gioca bene a calcio, d’un tratto si trasforma in una scolaresca che attraversa con insicurezza la strada?

La soluzione e cura di ogni male potrebbe essere il tempo, perché ci vuole del tempo per  questa giovane squadra che deve maturare insieme e capire quando  e come diventare grande. Probabilmente ci vuole anche convinzione ancora più profonda dei propri mezzi che esistono come non mai in questa stagione più di tutti gli  ultimi anni. Ci vuole un salto di qualità che deve partire dal singolo ed esaltare il gruppo intero per evitare di avere continuamente paura del buio, capire che in fondo i fantasmi non esistono e che quella luce può restare sempre accesa, non c’è bisogno di testare  se la paura è veramente passata, c’è bisogno di credere che non esista, pensare solo ciò che di buono si fa e non pensare agli incubi notturni.

La famiglia Ricketts

I Ricketts, miliardari americani pronti a comprare il Milan

Il futuro rossonero potrebbe essere a stelle e strisce, perché la famiglia Ricketts dopo i rumors dei giorni scorsi ha fatto sapere attraverso un comunicato di essere interessata all’acquisizione di quote del Milan. Ipotesi che prenderebbe ancora più valore dal momento che a breve potrebbe essere il fondo Elliott a gestire la rivendita diretta  e decidere quindi il destino del club di Via Aldo Rossi.

Ma chi Sono i Ricketts? L’uomo principale a cui si fa riferimento è Thomas Ricketts, già noto allo sport Americano per aver acquisito nel 2009 i Chicago Cubs con un’offerta complessiva di 875 milioni di dollari, investendo negli anni molto nel Baseball e portando la società a vincere le Word Series per la prima volta nella loro storia nel 2016. “Forbes”, rivista specializzata spesso nello stilare i patrimoni dei grandi uomini della terra, riporta ad oggi una ricchezza riguardante i Ricketts che si aggira ai 2,4 miliardi di dollari.

Il padre Joseph è stato uno dei miliardari a sostenere la campagna politica di Donald Trump,  nonché fondatore della TD Ameritrade Holding Corporation, società diretta dal figlio Thomas,mentre il fratello John Peter è il governatore del Nebraska. Thomas Ricketts, dopo gli studi universitari, ricoprì il compito di market maker per Chicago Board Options Exchange  fino al 1994, poi divenne vicepresidente con Mesirow Financial e in seguito di ABN AMRO, lasciando quest’ ultima nel 1999, quando fondò la banca di investimento Incapital LCC, della quale è l’attuale Presidente e direttore esecutivo.

Con  il comunicato firmato dall’intera famiglia che ha fatto il giro del web in poco tempo, potrebbe prendere vita un nuovo Milan Americano gestito in futuro dai Ricketts che entrerebbero in affari rossoneri come azionisti di minoranza, per poi diventare totalmente  proprietari del club. Ci sono quindi spiragli di nuovi inizi in questa estate che comincia a diventare improvvisamente, molto bollente.

L'allenatore del Milan, Gennaro Gattuso

Abbiamo finito la benzina?

Sabato sera al Meazza il pallone era pesante, ma non per tutti e ventidue gli uomini in campo, solo per gli undici con la maglia a strisce verticali rosse e nere. A pensarci bene non era la palla, erano proprio loro, i calciatori ad essere pesanti, forse stanchi, privi di idee e scarichi nelle energie. A vincere il match è stato il Benevento, presentandosi a San Siro senza troppe pretese, apparecchiando la tavola in casa altrui senza volerla sporcare, cercando solo di essere presentabili, ma dal verso opposto del rettangolo verde c’erano degli impotenti, dando la sensazione per larghi tratti di trovarsi lì dentro per pura casualità, costretti  da qualche folle, sembrava quasi mancasse qualcuno per arrivare al numero adeguato di giocatori da schierare, come succede nelle partitelle  organizzate con gli amici a calcetto. Il mister con la maglia numero otto tatuata sulla schiena era spaesato e confuso,  dopo i primi 45 minuti prova a mischiare le carte e puntare ad una mano migliore, facendo subentrare Suso, ma lo Spagnolo darà solo la sensazione di stare meglio rispetto alle scorse recenti apparizioni, risulterà non essere il motivo giusto per far riavviare quella macchina che di partire proprio non vuole saperne. Eppure sette giorni prima la stessa squadra aveva tenuto testa ai partenopei che macinano punti e intralciano i piani dei conoscitori della sensibilità, finendo addirittura per essere migliori per quello che il pubblico aveva potuto ammirare.

Che sia quindi finita la benzina? Quel carburante che Rino Gattuso era riuscito a trasmettere ai suoi ragazzi da dicembre in poi, quelle idee tattiche e fisiche che sembravano non averlo mai abbandonato del tutto si sono sformate davanti ai suoi occhi e svanite in pochi istanti. Perdere anche Biglia, l’osso sacro della squadra, il collante che in qualche modo sembrava tener per quanto possibile  insieme i pezzi ed equilibrare il trapezista in bilico sulla corda. È finito l’atteggiamento motivato del gruppo che aveva spadroneggiato e impressionato nelle notti romane e ribaltato molti risultati catastrofici dell’andata?

Non possiamo dare delle risposte, ma solo continuare a produrre domande, aspettando il campo e le sue verità, sperando di ricevere un finale di campionato decoroso e trovare lungo il tragitto un distributore di carburante aperto, per poter fare il pieno  nel serbatoio e magari chissà, toglierci una soddisfazione in quel di Roma, dove la Dea bendata nel 2018, ci ha già strizzato l’occhio.

Patrick Cutrone abbraccia Lucas Biglia dopo il gol dell'argentino in SPAL-Milan

Una malattia curabile

Non parliamo troppo ad alta voce, qualcuno potrebbe sentirci e questo non deve assolutamente accadere. Nessuno si faccia prendere dall’entusiasmo, nessuno si metta in testa strane cose,  bene.  Ed  ora che abbiamo fatto delle premesse, veniamo a noi.

Continuando a rimanere cauti, descriviamo un Milan che sembra aver cambiato aspetto, una squadra che non se ne va dal campo nei momenti topici, soffre quando c’è da farlo e propone le proprie idee di gioco.

La tenuta atletica sembra essere migliorata in maniera palpabile, la si percepisce in ogni momento di gioco e in tutti gli elementi della rosa, anche in quelli che hanno molto meno minutaggio effettivo nelle gambe. La testa di molti  sembra essere sgombra da cattivi pensieri, si crede in ciò  che si sta facendo e tutto quello che non ci riusciva prima, ora viene fuori bene.  Come se non bastasse, atteggiamento e idee tattiche vanno per larghi tratti a braccetto, percorrendo una strada che sembra essere costernata da bel tempo, senza quei nuvoloni scuri e cupi che vedevamo ogni giorno sopra le nostre teste. Anche la terza maglia, quella total black , non ci è sembrata poi così male,nei mesi scorsi aveva lo stesso effetto della kryptonite  applicata a Superman.

Il punto è che questa squadra sembra essere fatta di una pasta modellabile, il tesoro che avevamo cercato di custodire comincia a mostrare qualche luccichio, giusto per dimostrare agli scettici che valeva. Il male da cui sembravamo essere stati colpiti non è andato via, ma è guaribile, si può lavorare ai fini di rendere tutto più possibile, perché la materia prima esiste e l’antidoto deve solo fare il suo corso e si sa, ci vuole tempo.

L’importante è continuare a tenere la voce bassa, non vogliamo che qualcuno ci senta. Teniamoci stretti questi passi avanti che abbiamo compiuto, ma non dimentichiamoci le marachelle commesse fino a poco tempo fa, ci serviranno per maturare in futuro, per uccidere questa malattia che forse, si può sconfiggere.

L'allenatore del Milan Gennaro Gattuso

Spartiacque

Ricominciamo da capo, il calendario è di nuovo bianco e pronto per essere riempito di risultati futuri, lasciando alle spalle tutto ciò che non è andato nel girone di andata e provando a far qualcosa di sorprendente nel girone di ritorno. Le partite con Crotone e Cagliari sono scivolate via con bottino pieno, ma portandoci addosso qualche abituale scricchiolio di cui ormai conosciamo il rumore e il suono meglio di chiunque, ma pur sempre 6 punti in tasca. La squadra è anche riuscita a ribaltare una situazione di svantaggio iniziale e sfatare questo tabù che ci ha imprigionato per diversi mesi, oltretutto la fortuna ha provato non a girare totalmente la faccia, ma almeno accennarci un sorrisino che ogni tanto non guasterebbe, il goal rocambolesco di Bonucci contro il Crotone ( il primo in maglia rossonera) può confermarlo.

Adesso però viene il “Bello”, ci aspetta la duplice sfida con la Lazio, prima in campionato e poi in coppa Italia, per farci intendere fin dove potrà scalare la montagna il Milan e quanto invece possa essere stato illusorio il momento positivo dei rossoneri. D’altro canto sarebbe anche sufficiente non perdere negli scontri con le big, per mettere su carta risultati migliori rispetto ai 6 match persi contro queste e ricominciare a guardare  la classifica dimenticata da tempo.

Se pur dimenticata, la classifica, ci indica che il tabellino di marcia rossonero non sarebbe stato così catastrofico se si fosse riuscito ad ottenere la vittoria con le così dette provinciali, pur soccombendo contro le prime della classe,  ed è questo forse,  il limite più grande evidenziato ormai da troppo tempo.

C’è ancora molto da lavorare, ma c’è anche molto tempo per mettere a posto delle cose e togliersi qualche soddisfazione. L’Europa e lì che c’aspetta, forse non saremo poi così tanto favoriti, ma abbiamo il dovere di crederci, la Coppa Italia alla portata come traguardo plausibile e un quarto posto non ancora totalmente chiuso con un grosso lucchetto.

Può essere la squadra di Gattuso, padrone in qualche modo del proprio destino, ottenendo risultati piacevoli e che riescano a scombinare i piani altrui. Guardando subito avanti si ha una sorta di spartiacque, un vero e proprio bivio dove infilarsi senza altra possibilità di scelta, perché a questo punto ci si può incanalare verso un percorso cosparso da qualche stella o  invece continuare  a vagare alla ricerca di noi stessi.

Milan che strada prendi?

L'attaccante del Milan André Silva, considerato un predestinato

Tempi duri per il predestinato

La maglia numero nove del Milan è pesante come un macigno, odora delle leggende passate, cucita dai successi e dalla storia. Ora quella stessa maglia è così leggera e fragile, chi la indossa negli ultimi anni, per una serie di motivi, non riesce a ricambiarne il valore. Eppure in estate la nuova società rossonera ha comprato un giovane Portoghese, così promettente da essere considerato l’erede al trono di CR7, o perlomeno l’uomo giusto in cui credere per il futuro.  Il primo a crederci è lo stesso vincitore dell’ultimo pallone d’oro, in nazionale giocano per la stessa bandiera e il sangue che scorre nelle vene sembra essere quello giusto, quello del predestinato.

Al Milan però Andrè Silva, non ha ancora convinto chi di competenza dovrebbe decidere le gerarchie, nella piramide che porta alla punta più alta non c’è mai lui, se non in Europa, dove invece non solo trova spazio, ma anche tanti goal, diventando il capocannoniere della competizione.

E allora perché questo gioiello grezzo non trova il giusto minutaggio in serie A?

C’è chi sospetta in una condizione fisica non idonea al campionato Italiano, c’è chi dice che non sia tatticamente adeguato agli schemi del diavolo, c’è chi invece dice che le banconote verdi puntate su di lui per portarlo a Milano siano state eccessive, c’è chi dice che non vale proprio niente.

Il predestinato sembra in questo momento tagliato fuori, Cutrone sembra aver già venduto l’anima al diavolo e si nutre di adrenalina, Kalinic è preferito da entrambi i tecnici che sono seduti sulla panchina, Borini all’occorrenza sarebbe disposto a mettersi anche i guanti tra i pali pur di giocare. È dunque il sacrificio che manca all’attaccante Portoghese? O non ha davvero la stoffa per vestire la maglia numero 9?

La verità in genere risiede sempre nel mezzo, non possiamo dire con certezza che un piatto faccia schifo senza averlo assaggiato, non possiamo criticare un film senza averlo visto, non possiamo dire che un ragazzo non sia un campione senza averlo visto giocare a calcio.

Le risposte a tutte le nostre domande sono in campo, Gattuso deve dare spazio al giovane attaccante e lui deve riuscire a ritagliarsi il suo angolo di speranza senza mai gettare al vento le occasioni, perché se in un ambiente come il Milan segni nelle notti Europee, anche se non paragonabili a quelle di una volta  puoi essere quello giusto, l’erede al trono e quindi, il vero predestinato.

ESCLUSIVA M/ Luca Serafini: “Finalmente si costruisce una squadra. Donnarumma…”

Milanismo ha intervistato in esclusiva Luca Serafini, giornalista e opinionista sportivo di comprovata fede rossonera.

L’elemento primario di cui aveva bisogno il tifoso milanista era la trasparenza nascosta soprattutto negli ultimi anni della società e che da subito hanno evidenziato i nuovi proprietari del Milan?

Sicuramente c’è una società che si è presentata bene, con un mercato subito attivo e di grande tempestività, con una comunicazione corretta nei tempi e nei modi che fa tornare a respirare. Non è una questione soltanto di  trasparenza, ma una questione di fatti, prima ancora del mercato lo testimonia il rinnovo di Montella e l’ingaggio di Gattuso, segnali estremamente importanti e significativi. Tutto questo viene fatto con molto silenzio e discrezione, lavorando molto e con buoni risultati. Al momento non potevano fare di meglio”.

Il rinnovo di Montella e la scelta di Gattuso come allenatore della primavera rappresentano quindi una serie di certificazioni chiare nei confronti del nuovo progetto a tinte cinesi?

“Assolutamente sì. Precedentemente avevo esternato anche la volontà di vedere Maldini subito in società, fossi stato in Fassone me lo sarei portato ovunque, dando la sensazione ad un ambiente scosso, tifoseria in particolare, un segnale di tranquillità evidente. Maldini sarebbe potuto essere, come lo è adesso Gattuso, un garantista, perché è gente che non guarda in faccia a nessuno, se c’è qualcosa che non va alza la mano e lo dice. Il milanista che arriva stremato da due anni di comiche riguardanti la trattativa, da anni di insuccessi, fastidi e umiliazioni grottesche nel mercato e in campo, avendo una figura come Gattuso o come Maldini è più rassicurato. Per Gattuso tra l’altro non è un passo indietro, ma un grandissimo bagno d’umiltà, potendo continuare a collaudare la sua esperienza e le sue capacità. Ho anche avuto occasione di parlarci e ha manifestato grandissimo entusiasmo e determinazione”.

Stiamo leggendo tanti nomi sui giornali in chiave mercato, credi siano trattative possibili? Ma soprattutto, nomi adeguati a riportare il Milan dove merita?

Io una volta mi entusiasmavo per i nomi, ora mi entusiasmo per il lavoro che fa la società sul mercato inteso in perfetta sintonia con l’allenatore. Il club cerca sostanzialmente i giocatori che sono funzionali  all’idea di squadra che Montella ha in testa, ed è questa la cosa più importante. La sensazione che si ha oggi è che finalmente si stia costruendo una squadra, poi i nomi che vengono fatti sono uno meglio dell’altro e se si concretizzassero saremmo ben felici, vorrà dire che già a luglio ci sarà una squadra forte”.

Questo è anche un periodo di bilanci. Il Milan di Vincenzo Montella è promosso?

Complessivamente è promosso, nonostante una seconda parte di stagione da dimenticare, vincendo una volta  sola nelle ultime nove gare disputate, perdendo troppi punti con squadre nettamente deboli. C’è stato un calo nella condizione generica della squadra mai motivato effettivamente da Montella. L’Europa League è arrivata perché si sono dimesse le concorrenti, Inter in particolare, ma all’allenatore va dato atto del gruppo che è riuscito a creare, la valorizzazione di alcuni giocatori, dalla rivalutazione di altri che per i suoi predecessori era stato già un traguardo impossibile”.

L’emblema rossonero è sicuramente Donnarumma, in campo e sul mercato. Hai affrontato la questione anche in un tuo editoriale. Che sensazioni hai sulla situazione contrattuale del gioiellino del Milan?

Credo che alla fine rimarrà. Sono stato un po’ duro con lui, scrivendo che non deve essere un problema per un ragazzo di diciotto anni percepire mezzo milione in più o mezzo milione meno, ed avendo baciato la maglia deve dimostrare poi con i fatti questo suo attaccamento. Al di là dei moralismi e della volontà di tutti nel vederlo milanista per i prossimi 20 anni, credo che alla fine rimarrà”.

Sul futuro ipotetico della società che vive all’ombra di una possibile strana suggestione di avere il club in mano al fondo Elliott, piuttosto che alla attuale cordata cinese, cosa ne pensi?

A questa domanda in tutta onestà non so ancora cosa rispondere, posso solo basarmi sui fatti. Questi il Milan alla fine lo hanno preso sul serio, stanno spendendo molti soldi per fare la campagna acquisti, stanno facendo la squadra e per il momento mi attengo a questo”.

Si ringrazia Luca Serafini per la cortese disponibilità.

La bussola smarrita

Non era di certo contro la Roma che il Milan doveva rimettere in piedi una stagione che continua a cascare per terra, come un neonato che vuole percorrere i suoi primi passi, ma puntualmente deve arrendersi alla mancanza di abitudine ed equilibrio. La scelta degli uomini da schierare per Montella non era un bel privilegio, la rosa continua a perdere pezzi che reggono quel leggero meccanismo che si inceppa ormai ripetutamente. Le occasioni gettate via contro squadre che potevano portare i punti sperati, pesano su quella bilancia che vacilla vistosamente, i rossoneri sembrano aver perso quelle fiacche certezze che avevano permesso alla barca di non lasciarsi portare via dalle onde del mare, mentre adesso quelle stesse onde sbaragliate, stanno decidendo senza nessuna logica, la stagione del Milan.

Tre partite ancora da giocare prima di rompere le righe e archiviare un’altra annata, sappiamo già che si parlerà di tre finali come sentiamo dire da molte settimane, una filastrocca che non si riesce a recitare e renderla credibile poi nel campo, con un atteggiamento tattico-mentale che sembra essersi ammorbidito e sbiadito da più di un mese, costretti ogni volta a rincorrere una svantaggio che si ripresenta con una puntualità disarmante e che ogni volta ci divora piano piano.

Riusciranno i nostri eroi a spuntarla e ritornare nella piccola Europa che di questi tempi sembrerebbe davvero grande, tenendo a bada le concorrenti che di certo non spingono da dietro per trovare la forza per superarci, ma che sono da tenere sotto controllo in un unico modo, cioè ritrovando una consapevolezza che aveva visto la squadra affrontare avversarie anche più attrezzate con maggior tenacia, seguendo una rotta indicata da una bussola, che oggi, sembra smarrita.