Sopravviva Arrigo – Milanismo

Sopravviva Arrigo

Sembra di essere tornati indietro di una trentina d’anni, e non per il gioco mostrato dalla Juve al Camp Nou: da una parte i teorici della vittoria sopra ogni cosa, i nuovi italianisti, i “vincentivisti”, e dall’altra Sacchi e i sacchiani, quelli del calcio propositivo. Trent’anni fa la questione su gioco e strategia divideva i Cucci, i Pistilli, i Cannavò, gli Ordine, i Damascelli, i Dardanello, i Maradei, i Ferrajolo, i Beccantini, i Bortolotti, i Maida, i Pistocchi; oggi la disputa si è trasferita sui social: la competenza, l’esperienza e l’eleganza della scrittura sono state sostituite dall’arroganza, dalla maleducazione, dall’offesa, dall’incultura. Naturalmente Sacchi, il reduce, è diventato il bersaglio ideale dei leoni da tastiera, ruolo al quale lui non si sottrae mai: subito dopo il pari di Barcellona, ha infatti detto in tv d’aver “visto la partita tra Real e Bayern, la squadra di Ancelotti giocava su un campo difficilissimo eppure ha affrontato l’avversario a viso aperto, cercando di imporre la propria manovra e il proprio credo calcistico. Nel match tra Barcellona e Juventus, invece, ho visto una squadra che ha adottato una tattica difensiva praticando il calcio del passato, di trent’anni fa. Non avevo dubbi, sapevo che non ci sarebbe stata alcuna rimonta da parte del Barcellona, ma forse ho sopravvaluto la Juventus e credo che debba giocare in un altro modo”.

Premesso che il Bayern doveva recuperare da un 1-2 e la Juve proteggere un 3-0, e non è esattamente la stessa cosa, pur non sedendomi dalla parte di Arrigo ringrazio il dio del calcio che ce l’ha dato.

Conosco Sacchi da 30 anni esatti, per venti l’ho contrastato, criticato, ho provato a ridurlo esaltando spesso il suo successore e opposto Capello, al quale Allegri somiglia parecchio: Arrigo era per il gioco e il copione, io – come altri – per i giocatori e il talento, in particolare per Baggio. Ma negli ultimi anni, approfondendone la conoscenza e confrontandomi sul dopo, ammetto di essere diventato un suo fiancheggiatore. Certo, Arrigo aveva i campionissimi e anche grazie a loro ha vinto, gli insegnò – però – la disciplina tattica e il senso del lavoro, introdusse sistemi di allenamento inusuali, cambiò il calcio e la settimana di tanti suoi colleghi. A quell’idea di calcio è rimasto legato. Da tecnico gli è successo tante volte di non dare spettacolo, ma l’idea di partenza è sempre stata quella di provarci. Non a caso stravede per Sarri.

Proprio oggi sul Corriere della Sera Pierluigi Battista sottolinea “l’impronta sabauda e l’etica calvinista unite in questa Juve sempre affamata”. Su etica e estetica Sacchi ha impostato tutta la sua vita professionale partendo – ne sono certo – da una frase di Brodsky: “L’estetica è la madre dell’etica”.

Fonte: di Ivan Zazzaroni per il Corriere dello Sport

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