L’ad del Milan, Marco Fassone, è stato intervistato dal Corriere della Sera.
Partiamo da Gigio. Accordo a un passo allora?
«Avevo anticipato che le porte del Milan sarebbero state riaperte qualora Gigio avesse voluto ripensarci. Qualche ripensamento c’è stato: ho la sensazione che siamo molto vicini all’accordo con il giocatore e la sua famiglia, fermo restando che non vogliamo scendere ad altri tipi di compromessi. Credo che siamo a un giorno o due dalla decisione, che spetta al giocatore».
A cosa si riferisce quando parla di compromessi?
«Queste decisioni non vengono mai prese dai giocatori da soli. Ci sono gli agenti, in questo caso ce n’è uno molto bravo, che ha sue idee e convinzioni, che sono un po’ lontane dalle nostre, quindi non so quale sarà la scelta finale».
Ma ha avuto l’impressione che la famiglia e Raiola abbiano linee diverse?
«No, fino a quando qualcuno non mi dice il contrario il mio interlocutore è Mino, con cui parlo più volte al giorno. Ripeto, credo che la parte di accordo che riguarda giocatore e famiglia sia vicina, l’altra è più complicata».
Ma quest’altra parte cosa comprende? Il nodo è la clausola rescissoria?
«Il pacchetto è ampio, comporta una retribuzione, dei benefit, delle clausole, una commissione, delle possibili clausole sulla futura vendita del giocatore».
Ha parlato di un paio di giorni, poi il Milan cercherà un altro portiere?
«Era una mia stima, non faccio più aut aut».
Mai avuto voglia di interrompere la trattativa?
«Credo di aver imparato a gestire situazioni come queste non con la pancia, ma con la razionalità. Ci sono due ragionamenti che mi hanno guidato. Gigio è uno dei migliori portieri al mondo; farlo andar via alla fine dell’anno comporterebbe la perdita di un patrimonio. Ecco perché ho scelto di andare avanti, fermo restando che a un certo punto si pone un’asticella, non si può andare oltre a un sano compromesso».
La precedente proprietà poteva fare di più?
«Non ho idea, ho trovato due giocatori importanti in scadenza nel 2018 (l’altro è De Sciglio, ndr), immagino che prima di aprile siano stati fatti tutti i tentativi per prolungare».
Ha parlato con Gigio degli esami di maturità saltati?
«Francamente davo per scontato che li avrebbe fatti».
Gli agenti hanno troppo potere?
«Un po’ di responsabilità ce l’hanno i club. Se una società non è strutturata, un agente bravo può influenzare le sue scelte di mercato. Se un club ha invece una policy chiara, l’agente svolge un servizio utile e se la commissione non è enorme, va bene. Il problema è se le percentuali sono troppo alte, ma di nuovo cediamo noi società, non ci obbliga nessuno ad accettare».
Che presidente è Yonghong Li?
«È molto diverso da quelli a cui siamo abituati. Sarà molto meno visibile. Non è un imprenditore con un’unica azienda, è un investitore, che ha asset importanti e diversificati tra loro, viaggia moltissimo e ha base in diverse città della Cina. Ha un team di lavoro che lo segue, il cui braccio destro è Li Han, che io sento tutti i giorni. Mr Li, invece, lo sento una volta al mese. È convinto che il Milan possa aiutarlo per gli affari nel suo Paese: è la squadra più amata in Cina».
Cosa le ha detto la prima volta?
«Era il 5 agosto, lui era reduce da Villa Certosa. Mi aveva già scelto senza vedermi. In 10 minuti mi ha spiegato il suo pensiero, mi ha detto che conosce poco il calcio, ma è molto bravo negli affari. Mi ha chiesto se potevo garantirgli in poco tempo un Milan che torni a giocare la Champions e mi ha detto che mi avrebbe supportato».
Ma se il Milan non raggiunge la Champions e i conseguenti proventi? Salta tutto?
«No certamente, il mio lavoro è proprio far sì che l’investimento non si bruci in virtù di un risultato sportivo che non arriva. Il nostro piano è cauto, prevede di metterci anche più tempo. Se mancassi la Champions per due anni di fila, avrei qualche grattacapo in più».
I sei acquisti hanno creato molto entusiasmo, il Milan è già l’anti-Juve?
«Non oso contare i punti di distacco che abbiamo preso negli ultimi anni. Mi piacerebbe che in due mesi si colmasse questa distanza, ma sappiamo che il primo anno è sempre irto di difficoltà».
E chi sarà allora l’anti-Juve?
«Il Napoli, perché non si è indebolita, è rodata, ha il gioco che mi ha divertito di più».
Si dice: il Milan è stato acquistato con un indebitamento troppo grande. Non reggerà.
«Il Milan che ho trovato io aveva 75 milioni di debiti che abbiamo trasferito dalle banche al fondo Elliott, che è un po’ più caro, gli interessi sono al 7,7%. Poi abbiamo emesso un bond di 50 milioni per far fronte alle esigenze del mercato estivo. In tutto 120 milioni di debito, su oltre 200 di fatturato: è estremamente contenuto rispetto ad altri club. Non solo. La stagione 2017-2018, visti gli ingenti investimenti, avrà ancora perdite significative e mr Li vi farà fronte con un aumento di capitale».
I dubbi, per la verità, più che sul Milan riguardano la tenuta della proprietà.
«L’acquisizione del Milan è costata oltre un miliardo. Pensare che possa essere fatta senza leve finanziarie mi sembra difficile. E poi mr Li ha dovuto cambiare in corsa il piano per gli ordini del governo».
Siete sempre stati convinti di tenere Vincenzo Montella?
«Sì, per noi è molto bravo: Mirabelli mi faceva notare che si vedeva la sua mano dal punto di vista tecnico, io vedevo come riusciva a tenere la barra dritta in una fase di transizione in cui venivano meno riferimenti trentennali».
Quanto avete speso fin qui di mercato? E quanto potete ancora spendere?
«Direi circa 100 milioni. Ora spero di prendere un altro giocatore (Conti, ndr), poi tireremo una linea e penseremo alle uscite. Una rosa ipertrofica non aiuta l’allenatore. Infine vedremo che budget resta».
I tifosi vogliono un regista e un altro attaccante. Si parla di Biglia, Kalinic e il sogno Belotti.
«Ci piacerebbe fare altre operazioni, ma non devono essere forzate. Biglia è in stand by, Kalinic ora lasciamo tranquilla la Fiorentina. E poi abbiamo già molti attaccanti».
Sente Silvio Berlusconi?
«Spesso, ed è molto prodigo di consigli».
In conclusione, che Milan ha trovato?
«Negli ultimi anni ha faticato, ma ha un dna da grande club, come una macchina molto potente che è stata in garage impolverata e ha voglia di tornare a correre».
Fonte: Corriere della Sera