Kakà: “2007 apice della carriera, sono grato al Milan. I cinesi? Vedo buoni segnali” – Milanismo

Kakà: “2007 apice della carriera, sono grato al Milan. I cinesi? Vedo buoni segnali”

L’ex fuoriclasse del Milan, Kakà, ha rilasciato una lunga intervista ai taccuini de La Gazzetta dello Sport.

Su Juve-Real: “Ho affetto per Buffon, ho amici nella Juve come Dani Alves e Higuain. Ma a Madrid ci sono stato quattro anni della mia vita. A Madrid ho sofferto, ho avuto risultati peggiori di quelli che mi aspettavo, ma i giocatori sono amici. C’è Cristiano, c’è Marcelo, tanti altri, e Florentino Peres al quale sono rimasto legato. È inevitabile tifare Real.

La Juve è una squadra temibile e di certo sarà una partita equilibrata, bella, divertente. Il Madrid ha un attacco fortissimo, la Juve una difesa fortissima. E poi ha battuto il Barcellona e questo ha dato forza alla squadra. Il Real Madrid però ha eliminato il Bayern, un’altra delle favorite. Tutte e due le finaliste hanno vinto il campionato: insomma, sarà una gara speciale.

Real favorito negli episodi arbitrali? Finché non ci sarà la moviola in campo accadranno queste cose, sono sempre successe. Da quando gioco a calcio è così. Però il Madrid ha battuto il Bayern a casa sua e non è poco. Qui in America stanno cercando di inserire la moviola anche nel soccer. Quando accadrà anche in Europa finiranno le polemiche, ma il calcio perderà anche un po’ del suo fascino.

La difesa della Juve è fuori dal normale, il livello è altissimo. Però hanno segnato anche gol bellissimi. Alla Juve c’è Dybala, c’è Dani Alves che non si stanca mai di sorprendere. È una squadra equilibrata”.

Su Allegri: “Ho lavorato con lui sei mesi. Allegri è un osso, come si usa dire. Organizza bene la squadra, è preparatissimo sulla parte tattica, conosce bene gli avversari. È un allenatore intelligente”.

Su Zidane: “Non ho avuto molti contatti con lui al Real perché allora allenava la squadra B. Poi ha fatto un po’ il secondo di Mourinho, ma abbiamo lavorato poco insieme. Però sorprende: una Champions League, una Liga, un’altra finale in poco tempo. È stato un super calciatore ed è super anche adesso. Non è facile, perché vincere da giocatore è completamente diverso. Zidane è un esempio per tutti. Era un campione ma ha cominciato un nuovo lavoro allenando i ragazzini, mettendosi in gioco, con umiltà. Non è semplice. I risultati che ha ottenuto sorprendono, eppure credo che il suo successo non arrivi per caso”.

Sul futuro: “Non penso di fare l’allenatore, ma non si sa mai. Uno dei corsi che vorrei seguire è quello di Coverciano. In Italia ho imparato tanto sul calcio e potrò imparare di più. Magari non per fare l’allenatore ma per capire. Da giocatore si pensa a tagliare solo una testa, quella dell’allenatore, da allenatore ne devi tagliare tante. È un lavoro difficile anche per chi è stato calciatore. Io vorrei giocare ancora un paio d’anni, poi vorrei restare in America”.

Su Totti: “Immagini fantastiche quelle dell’addio, emozioni forti. Un addio bellissimo, una festa che si meritava”.

Sul Pallone d’oro: “Per i risultati lo darei a Cristiano. I gol, i numeri incredibili di questa stagione parlano da soli, non c’è bisogno di aggiungere nulla alle statistiche. Ma per la carriera lo darei a Gigi. Sarebbe una specie di regalo a tutti questi anni, un modo di arricchire il suo bilancio complessivo, perché ha vinto tanto e se vince anche la Champions League penso sarebbe giusto premiare lui. Non soltanto per i risultati, ma per le motivazioni che ancora ha. Però i numeri di Cristiano sono impressionanti. Sarà una scelta difficile e logicamente peserà il risultato della finale”.

Su Marcelo e Dani Alves: “Sono due ragazzi felici, con idee e caratteristiche particolari. A Madrid Marcelo è andato avanti con i suoi capelli strani e il suo modo di giocare molto brasiliano, senza cambiare mai la sua personalità anche quando veniva criticato. E Dani è uguale: gioca leggero. Dani canta, si mette gli occhialoni, non si stanca di stupire con gli atteggiamenti, ma è un professionista come pochi. È un brasiliano con mentalità europea, un martello sul lavoro. Dani e Marcelo fanno la differenza anche in nazionale.

Stupito dalle iniziali difficoltà in Italia di Alves? No, perché doveva capire. Veniva dalla Spagna e in Italia il calcio è molto tattico. Quando capisci il calcio in Italia, poi è più facile giocare dappertutto. In Italia si organizza la squadra, in Spagna, come in Brasile, si gioca. Ma Dani è intelligente: ha capito in fretta, e ora si vede”.

Sulla Champions e sul 2007: “Ho ricordi bellissimi, perché è stato l’anno migliore della mia carriera. Mi dispiace non essere stato a Milano quando i miei ex compagni si sono riuniti per i dieci anni, ma ho chiesto di rifare la cena ogni anno, per rivederci, non solo per celebrare la Champions. È stato un anno speciale per me e sono grato al Milan e ai compagni: senza il gruppo non avrei raggiunto i successi individuali”.

Sul nuovo Milan: “Penso che si ricomincia. I segnali sono buoni. Mi sembra che ci siano idee e voglia di riportare il Milan in alto, e lo stesso vale per l’Inter. La Juve è un esempio: dopo la crisi si è tirata su. Poteva trovare giustificazioni ma si è rimessa a lavorare e ora si gioca la seconda finale di Champions League in tre stagioni, per non parlare di tutti i campionati che ha vinto. Nella rinascita della Juve c’è un messaggio per Milan e Inter. Il messaggio è: c’è sempre una soluzione”.

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