Ignazio Abate, una storia rossonera
Milanista doc e senatore in un periodo difficile della nostra storia: la storia di Ignazio Abate
Né fuoriclasse né campione, ma un professionista esemplare e un milanista sino al midollo. Questo è Ignazio Abate, senatore dell’attuale gruppo rossonero, nonché il calciatore di più lunga militanza presente nella rosa di Montella, tra i pochissimi rimasti a incarnare un milanismo vero e autentico.
Nato il 12 novembre 1986 a Sant’Agata de’ Goti ma cresciuto nel Settore Giovanile del Milan, figlio dell’ex portiere Beniamino, Igna si affaccia subito alla prima squadra nel 2003, esordendo in Coppa Italia e in Champions League. Sono però spezzoni e niente di più: la squadra è una corazzata e non c’è posto per un 17enne promettente, sì, ma non fenomenale.
Inizia così una lunga gavetta in provincia, tra alti e bassi, sino alla stagione di Torino. Non è un’annata eccezionale, ma gli vale la chance al Milan. Stavolta, tornare per restare. È il 2009 e per il Diavolo è un anno di drastico ridimensionamento: via Ancelotti, Maldini e Kakà, dentro pochi acquisti non blasonati. Tra questi c’è anche Abate. Arrivato da ala, ma destinato a far carriera più “indietro”: Leonardo lo arretra per necessità da terzino destro e Igna convince, prendendosi definitivamente la scena la stagione successiva con Allegri.
L’affermazione da “2”, lo Scudetto, la Nazionale: Igna esplode definitivamente
Il 2010 segna il ritorno in bello stile del Milan. Gli arrivi last minute di Ibrahimovic e Robinho candidano i rossoneri come favoriti allo Scudetto. Che a maggio, puntualmente, arriva: il 18° Tricolore della storia, il primo (e finora unico) della carriera di Abate. Igna si ritaglia uno spazio enorme in quel successo: è titolare fisso nell’undici tipo da esterno destro della linea a quattro, uomo importante per la gamba e la corsa che riesce a offrire. Guadagnandosi anche la Nazionale, con cui disputa EURO 2012 e i Mondiali brasiliani. È poco incisivo nell’ultimo passaggio, ma riesce comunque a lasciare la propria firma: è nella memoria di tutti il suo assist per il 2-0 di Pato nel derby contro l’Inter, decisivo in quell’aprile per la volata Scudetto.
In agosto arriva anche la Supercoppa italia, poi il buio. Il Milan manca il bis Scudetto e nell’estate 2012 si ridimensiona fortemente con gli addii del nucleo storico di Ancelotti e le cessioni di Ibra e Thiago Silva. Ignazio Abate assume sempre più un ruolo di leadership all’interno dello spogliatoio, tra i “capitani” di un gruppo qualitativamente lontano da quelli degli anni precedenti. Se il primo anno, col terzo posto e la Champions, è sostanzialmente trionfale, le stagioni successive sono magrissime di soddisfazioni: il Diavolo manca l’Europa per tre anni consecutivi, cambia almeno un allenatore all’anno e non riesce a ritrovarsi.
Per Abate, così come per la squadra, sono stagioni senza soddisfazioni. Resta uno dei leader della squadra (indossa in qualche circostanza anche la fascia di capitano) e ha spazi importanti in campo, seppur intervallati da qualche problema fisico, ma la penuria di risultati pesa. Prima, però, della stagione 2016/2017. Per il Milan arriva una rivincita a sorpresa, a Doha, nella finale di Supercoppa italiana contro la Juve: la bacheca torna a riempirsi dopo cinque anni e Igna alza per la prima volta un trofeo da capitano, data l’assenza in campo di Montolivo. È una liberazione dopo anni di sofferenza.
Oggi il numero 20 è ancora al Milan, sempre tra i “vecchi” del gruppo. L’arrivo dell’agognato closing e la rivoluzione di Fassone-Mirabelli porta undici acquisti e tanti (annunciati) leader tecnici e caratteriali, ma Ignazio Abate resta un punto di riferimento nonostante un glaucoma, superato alla grande dopo mesi di cure lontano dal campo, e una titolarità perduta. Una dimostrazione: la fascia indossata nell’ultimo Milan-Juventus di campionato. Montella rivede le gerarchie di inizio anno e torna a includere i senatori ante closing, prima poco considerati in favore dei nuovi arrivati. Non è Tassotti né Cafu (e forse nemmeno Andrea Conti, il suo erede designato), ma è un vero cuore rossonero. E chi lotta per la nostra maglia sarà stimato e ricordato per sempre.